dal 1 giugno al 29 luglio 2018
Giovedì, Venerdì, Sabato 15:30 - 18:30
Domenica 10:30 - 12:30 / 15:30 - 18:30
Ingresso libero
Donne e Madonne
mostra a cura di Elio Rabbione
Un percorso artistico al femminile. Un lungo percorso che, sul binario doppio della sacralità e del quotidiano, del religioso e del mitologico, dell’espressione della
allegoria retorica delle arti come quella semplicissima e immediata delle piccole e in diverso modo importanti attività della vita familiare, consideri la centralità della figura
della donna.
Un omaggio, in qualche modo. Ovvero, guardando alle opere reperite -
un’allegria di pareti ricoperte di nomi e di colori, di spazi a terra dove trovano posto
sculture di oggi e più o meno antiche, italiane e provenienti dal continente subsahariano,
il tutto dovuto alla generosità di amici e galleristi e collezionisti che hanno messo a
disposizione le loro opere, una lunga sequenza ripensata qui a isole temporali ma anche
un invito a confrontare, all’interno di epoche diverse, temi e particolari pronti ad
accomunarle -, ne voglia offrire un differente sguardo, molteplici angolazioni, svariati
sentimenti.
Donne e Madonne suona il titolo della mostra che oggi proponiamo nelle
sale di Palazzo Lomellini - a cura dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Carmagnola
con la collaborazione dell’Associazione “Amici di Palazzo Lomellini” - e quell’incipit vuole
assumere, sotto la molteplicità delle forme artistiche catturate lungo le epoche, nel gran
teatro del Mondo costruito decade dopo decade, il significato e la testimonianza della
lode, la sottomissione dell’“ancella” e la glorificazione della bellezza, la gioia e il sorriso di
una madre, l’eccellenza delle forme opulente e lo sguardo doloroso della Vergine dinanzi
al sacrificio, la personalizzazione del ritratto, la festosità e i ricordi, la maternità e la
sfrontatezza. La figura femminile nell’arte dal XV secolo a oggi è l’estensione del titolo, a
porre un inizio e una fine d’attenzione, ad analizzare l’“eterno femminino” caro a Goethe,
effettivo completamento dei fattori maschili.
Una Madonna con il Bambino ad iniziare, un gotico fondo dorato e un bimbo protetto, con
le labbra che lasciano intravedere un sorriso dolce, un gesto benedicente; poi l’atmosfera
tra Seicento e Settecento che abbraccia con vari esempi la figura della Maddalena,
diversamente intesa, e prosegue con ritratti regali, con abiti di velluto e onorificenze,
con vicende legate alla Bibbia o al mondo vasto della Mitologia, con la devozione alla
Vergine.
L’Ottocento si addentra con maggior attenzione nel mondo e nella società che lo
vive, con descrizioni che, precise, fanno propri segnali e particolari pronti a descrivere un
secolo fatto di lotte e di classi, osservando il mondo contadino con “lo sguardo sperduto e
malinconico” (scrive Gianni Milani) di povere ragazze e delle loro fatiche, di chi bada alla
casa e a chi la abita, della borghesia e della aristocrazia allo stesso modo piene di fascino
e di inquietudini. Alle precedenti s’aggiungono la governante in cerca di riposo per la
stanchezza che segue al lavoro di ogni giorno, l’affetto che unisce una figlia e la madre,
elegantemente vestite, rappresentato anche soltanto dai colori di un vaso di fiori, il sorriso
complice con cui il bimbetto si rispecchia non appena terminato il bagnetto reclamato
già da qualche giorno, le malinconie e i sogni ad occhi aperti, gli abiti e gli ampi cappelli
Attraverso le epoche, attraverso i generi che ornano non solo le dame (o le madamin) di casa nostra, quegli abiti che invitano a
essere guardate, la capacità di giudizio di chi si può permettere un pomeriggio a osservare
il quadro terminato dall’amica pittrice.
“Freud aveva scavato nel profondo scoprendo coscienze inquiete ed inconsci celati nella
traballante società di fin de siècle”, scrive Massimo Olivetti: e in questo profumo di
psicanalisi, di solitudini e disperazioni, di avanguardie che cancellano schemi fissati nel
passato, le donne e le eroine, le Sante e le Madonne che “erano fatte per essere guardate,
ora invece sono loro che dalle tele e dai muri ci scrutano e ci interrogano”. Prorompono i
nudi di Levi e di Chessa e di Casorati, Tabusso regala nudi agli amici e pone la sua cuoca
imperiosamente a orchestrare tutto quel bendidìo che sta su quel tavolo davanti a lei, il
corpo di donna di Carena si ricorda dei maestri che lo hanno preceduto, sull’altra sponda
sembrano vegliare le graziose testine e gli adolescenti di Nenci e le madonnine di Knap,
umanizzate, quotidiane, dove tutto sembra essere un gioco domestico, un piccolo libro
messo in mano ai bambini.
I contemporanei, in ultimo, gli artisti dei nostri giorni. Tutto sembra assumere un aspetto
più immediato, gli esseri femminili “magnificamente” cantati un tempo (non è ancora in
quel tempo la donna di Brusaglino?) potrebbero oggi essere definiti “della porta accanto”
(sottolinea Marilina Di Cataldo), tra loro Donne e Madonne (come quelle di Gasparin,
seppur percorrano appieno i sentieri della classicità) assumono sembianze più “domestiche”,
immediate, semplici, sulla tela o nell’uso del legno (c’è una nuova Annunciazione con
Simonetta), le maternità possono guardare al mondo pittorico di ieri come a quello
realissimo di oggi, come in Saccomandi, o esprimere allo stesso tempo estrema dolcezza e
inaspettata unicità, come nell’opera, bellissima, di Luciano Spessot, o immortalare ancora
una volta l’immagine che da sempre ricordiamo (Molinaro, Sesia, Mapelli), si slanciano
nelle danzatrici di Ùnia o quasi si nascondono dietro la porta di Cordero, “si santificano”
nelle antiche divinità di Alemanno. Con Preverino, in un mai troppo condannato cono
d’ombra, possono rappresentare quella ferita dolorosa che è la violenza sulle donne.
In ultimo, la donna dell’Africa - nell’ampio panorama di sculture (tra la fine dell’Ottocento
e la prima metà del Novecento) messo a disposizione da Bruno Albertino e Anna
Alberghina, instancabili viaggiatori, collezionisti e studiosi -, donna che assume un preciso
valore rituale al di là della bellezza delle forme, “oggetti di culto, creati per favorire il
rapporto con il sovrannaturale”, come sostengono le parole della coppia. Ne deriva la
sacralizzazione della maternità e il giovane corpo femminile è guardato e inteso “come
ricettacolo di fecondità”. Un messaggio che arriva da lontano, cui la mostra di Palazzo
Lomellini può offrire la possibilità di essere messo a confronto con le altre opere esposte.
Questo era e rimane il nostro intento, i rimandi, le suggestioni, i confronti: nella speranza
che l’invito sia colto dal grande pubblico che vorrà affollare la mostra.
Elio Rabbione
Info e prenotazioni:
Comune di Carmagnola - Ufficio Cultura
Tel. 0119724238
musei@comune.carmagnola.to.it